Lungo Danubio e Transilvania

Prima di lasciare del tutto Belgrado facciamo un’ultima tappa al mausoleo di Tito. Diciamo che non è esattamente seguito come quello di Lenin nella piazza rossa: nonostante la bella giornata ci siamo praticamente solo noi.
Ripartiamo quindi per seguire il corso del danubio, lungo il quale ci fermiamo in due fortezze di pietra. In particolare la seconda, quella di Golubac, è affascinante, arrampicata sulla montagna in una splendida ansa del fiume. Fino al confine sono tre ore di viaggio con un panorama unico: il Danubio prima si stringe fra ripide scogliere a picco poi si allarga riposando su larghe spiagge; si aprono ampi spazi in cui spuntano paesini sia sulla riva che sulla montagna, mentre la strada costeggia l’acqua fra tunnel e ritagli di cielo.
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Raggiungiamo quindi la frontiera con la Romania, ed alla dogana ci chiedono se abbiamo con noi un fucile (dovremmo averlo?!) e dell’hascisc (dovremmo averla).
Il primo impatto con la Romania è impressionante: la zona a sud ovest sembra lontanissima dalla Serbia che abbiamo appena lasciato. Si tratta in sostanza di una serie di strade nuove e lunghissime ai cui lati stanno file di case davanti alle quali gli anziani giocano a carte o semplicemente siedono all’ombra. Ci sono tantissimi cani randagi che vagano ai margini della carreggiata ed altrettanti dei quali resta solo la carcassa investita. Si moltiplicano i carretti trainati dai cavalli, che trasportano famiglie intere, fieno o addirittura gruppi di pecore.
Per descrivere i villaggi che incontriamo non si può certo usare l’espressione “centri abitati”, perché di centro non c’è traccia: dietro la fila di case affacciate sulla strada sembra ci sia solo la sterminata pianura, mentre davanti compaiono piccoli pozzi ad uso domestico. È un tipo di topografia che ricorda quella dei primi colonizzatori del continente americano: sviluppata lungo un vettore spaziale invece che intorno ad un centro come può essere la piazza; solo che qui non c’è traccia di fermento, al contrario sembra una realtà abbandonata alla propria solitaria staticità. Il contrasto con l’ultima visita che faremo in Romania è semplicemente terribile, ma andiamo con ordine.
Proseguiamo verso nord est fino a raggiungere i dintorni di Hateg, dove il paesaggio diventa di uno splendido verde smeraldo che ricopre alte colline sulle rive di un laghetto. I campeggi che avevamo contattato sono chiusi (la stagione apre il 15 maggio, data che ci tornerà ad infastidire), quindi optiamo per piantare la tenda in uno spiazzo tra gli alberi che ha un vista meravigliosa.
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Il giorno seguente inizia il tour dei castelli della Transilvania; quello di Hunedoara è come ci si immagina un castello in questa zona: lo stile è gotico e soprattutto è spoglio e spartano. Ci sono una sala delle armi, una piccola cappella, un imponente bastione, qualche camera, la prigione, la stanza delle torture ed una serie di torri, il tutto senza fronzoli o eccessi di stampo turistico.
Da qui, sotto il caldo torrido che ci segue dal primo giorno, ripartiamo per la tappa che la Ribba aspettava da tutto il viaggio: una strada transalpina che raggiunge quota 2100 m di quota e scavalca la montagna fino a raggiungere il castello di Vlad l’impalatore, principale ispiratore del “Dracula” di Bram Stoker. Nel giro di un’ora di salita ci ritroviamo in mezzo a neve e nebbia: intorno non si vede nulla, solo ogni tanto sbucano alberghi e pensioni in stile alpi tedesche: d’inverno la montagna è meta di sciatori e turisti. Quando siamo circa a quota 1700 m la strada si interrompe in un muro di neve, un cartello dice che verrà liberata solo il 15 maggio; scendiamo e il freddo è pungente, intorno la neve è alta più di 2 metri e la nebbia è fittissima, dobbiamo quindi fare marcia indietro e rinunciare alla parte migliore della strada.
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Una volta riscesi entriamo nella parte ungherese della transilvania: l’architettura dei paesi e delle città d’ora in poi sarà in perfetto stile germanico, perché i governatori imperiali della regione erano appunto tedeschi, mentre le campagne sono il regno dei pastori: mucche e pecore attraversano le strade o brucano al sole nei verdi campi. Andiamo a cena nella piazza principale di Sibiu, dove mangiamo uno degli abbondanti piatti unici per circa 8 euro, ed andiamo quindi al campeggio, che è gestito da un omone tedesco dalla parlantina facile.

In questa zona paesi e villaggi si strutturano generalmente intorno a chiese fortificate, che offrivano rifugio agli abitanti in caso di pericolo. Ne raggiungiamo una stranamente isolata, situata su di un colle, nella quale la tradizione voleva che, il giorno del matrimonio, le coppie trasportassero insieme un sasso fino alla cima; infatti ne troviamo diversi intorno alla chiesa.
Si riparte quindi per Sighisoara e durante il viaggio ci sono momenti di imbarazzo per Camera il quale, sceso per fare rifornimento di birre ad un minimarket lungo la strada, torna dopo diversi minuti senz’alcol ma con al seguito una ragazza rumena palesemente attratta dai suoi tratti nordici. Se la cava lasciandole una sigaretta per poi ripartire di corsa.
Sighisoara è veramente deliziosa, qui c’è la casa dove Vlad ha vissuto la prima parte della sua vita, in un borgo medievale in perfetto stile germanico. Il museo delle torture è chiuso e riaprirà,
ovviamente, il 15 maggio. Riposiamo su di una panchina e Teo fa amicizia con un ragazzino. In Romania incontriamo solo persone gentilissime e disponibilissime. Almeno fino alla dogana.
Torniamo in viaggio e prendere alcune “scorciatoie” si rivelerá un grave errore, sopratutto per la Ribba, costretto a guidare in strade con più buche che asfalto. Si procede infatti a 30km orari facendo lo slalom tra le fosse; le bestemmie della Ribba non si contano.
Stiamo andando dal prossimo couchsurfer, che ci ospiterà una notte nella sua enorme baita incastonata nel bel mezzo dei Carpazi. Il viaggio regala paesaggi mozzafiato: sembra di essere ai piedi delle Dolomiti, la casa si trova accanto ad un fiumiciattolo con ponticelli di pietra ed a prati dove stanno splendidi cavalli.
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Senza apparenti motivi Camera si sbronza in auto con la rakja e appena arrivato crolla dal sonno; così saranno solo gli altri due a conoscere meglio Andras ed il suo enorme cane Ektor, a sentire le storie sui lupi che gli hanno sbranato qualche cavallo o quelle sulla sua travolgente passione per la natura, che lo ha portato allo splendido isolamento fra i monti (per chi fosse interessato http://www.cabanadianthus.ro).
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Il giorno dopo è dedicato a finire il tour dei castelli, andiamo quindi a quello di Bran. Spacciato come l’originale castello di Dracula, non è altro che una pacchianeria per turisti armati di macchinetta fotografica o, peggio, di iphone. Come rovinare un bel castello arrampicato su una roccia a strapiombo e prostituirlo alla clientela della peggior specie. Meglio non sapere come questi turisti massificati in serie immaginino il Medioevo o, in generale, le epoche a loro precedenti.
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Ci spostiamo quindi verso Brasov per pranzare e il paesaggio è sempre magnifico: montagne innevate spuntano regolarmente sulle nostre teste e strade svettano panoramiche abbracciando i paesi delle valli sottostanti.
Arriviamo quindi al castello di Sinaia alle 16:20, giusto in tempo per scoprire che l’ultima visita era alle 16;15. Si tratta qui più che altro di un palazzo, che non a caso Causescu aveva reso una sorta di suo obersaltzberg: residenza estiva e luogo dove ospitare importanti personalità. È bella sia la struttura del palazzo che il luogo: immerso nella foresta e con la vista sui picchi dei Carpazi; è un peccato non aver visitato gli interni.
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C’è però da rimettersi in sella verso Bucarest, cuore urbano del paese.

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