Bologna – Ljubliana. Prima tappa.

Prima d’entrare in autostrada ci fermiamo da un trafficante di gopro che richiede un esosa contropartita per il suo prestito; la grolla passerà un mese in buone mani, ne siamo certi.
Il pandino è spazioso contro ogni aspettativa, fino alla prima tappa Camera non pervenuto causa combinazione stanchezza + sigarette divertenti.
Dopo circa 3 ore siamo finalmente fuori dall’italia ed anche se la Slovenia non si può considerare propriamente parte dei balcani comincia la caratteristica abbondanza di consonanti nei cartelli. La prima sosta è al castello di predjama, costruito nella roccia, all’ingresso di una serie di grotte che si spingono fin nel cuore della montagna. Il nostro fotografo pro registra ogni minimo particolare, in hd e a 360gradi.
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Ripartiamo per sostare a pranzo vicino al castello, in un locale pieno di sloveni che bevono birra. Non è ancora economico come ci aspettavamo ma i salumi locali si distinguono giá piacevolmente dai soliti sapori italiani.
Arriviamo a Lubiana e andiamo da Kaja, amica di Teo che ci ospiterá una notte, per poi dirigerci in centro. I resti (50 metri a dir tanto) di mura romane sono aggrediti da una serie di giovani sloveni aspiranti scalatori. Peccato sia un muro di due metri, è Un po’ come preparare la maratona facendo un giro di piazza maggiore.
Giriamo sul lungo fiume e saliamo sulla collina del castello per vedere la cittá dall’alto, non sembra granchè, ma vedremo.
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La ribba odia la cittá col maggior numero di fontane spente d’europa: sembra fatto apposta per lasciarlo senz’acqua; quindi si fa una birra.
Teo invece rivela ciò che fará durante tutto il viaggio: il time lapse (??). Sostanzialmente una serie di scatti ad intervalli regolari (sempre troppo brevi) in direzione di piazze o strade affollate. Vedremo se ne sará valsa la pena.
Camera scoreggia.
Andiamo poi sulla cima di un grattacielo per avere un’altra prospettiva sulla città, a quanto pare si tratta del primo grattacielo dei Balcani e uno dei primi edifici in cemento armato in città. In cima c’è un locale invaso da ragazzetti infighettati, tipo kinki a 100m da terra. Scopriremo in seguito che pochi giorni prima un uomo si è lanciato da lassù. Comprensibile.
La figura giornaliera da italiani la facciamo in un ristorante dove Kaja ci aveva consigliato di andare a prendere un dolce tipico entro le 21 per pagare la metà: ci sediamo e ordiniamo 2 dolci in 3. Ne è valsa la pena, dolci ancora caldi con ricotta, mele e semi di papavero.

Infine torniamo nel cuore della cittá, e andiamo nella parte certamente più viva e memorabile: la zona di mete (metelkova), un ex campo militare occupato (tipo christiania a Copenhagen) che esprime in tutto, dall’architettura all’arredamento, dai liquori alle persone, la sua libera creativitá. Incontriamo altre amiche di kaja e matteo che ci guidano nel cuore culturale di lubjana, che così si riscatta a pieno. Trasmettiamo l’atmosfera a tratti sparsi: pentoloni di kebab vegano, liquori artigianali, birra a 1euro, erba a 2-3, concerti, circoli culturali e cineteche, costruzioni in legno e sculture di ogni tipo, murales e sloveni di ogni etá.
Aggrediti dalla fame, prima del rientro, ci fermiamo a consumare il burek, per essere politicaly correct diciamo che è… Tipico.

Ah, da quale cazzo di cittá è partita la folle moda delle scarpe appese ai fili per la cittá? C’entra qualcosa con Big Fish?

Morale della giornata: ogni partenza è una forma di rinascita.

1 thoughts on “Bologna – Ljubliana. Prima tappa.

  1. Le scarpe appese ai fili in verità potrebbero indicare che lì si spaccia droga… viste le zone e a quanto dite la quantità.. beh ci sarebbe da far del businessssss

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